La notte è stata pessima: gli abitanti di Aiquile hanno festeggiato fino alle 3 del mattino e il nostro alloggio è sulla strada. Il caldo e le zanzare hanno fatto il resto.
Come se non bastasse si parte con 50 km di sterrato sul totale di circa 110.
Imbocchiamo una valle molto pittoresca che scende attraversando alcuni micro centri abitati e panorami desertici dominati dai cactus fino ad una località, Puente Arce, dove passa il Rio Chico. Puente Arce è circa 700 metri sotto Aiquile: siamo a poco più di 1600 metri di altezza, non siamo mai scesi così in basso, e c'è un caldo atroce con una umidità altissima.
Pedaliamo 15 km nella valle del Rio Chico ma la temperatura supera i 40 gradi: decidiamo allora di fermarci sotto il pergolato ricoperto dalla vegetazione di una pianta maracuja di una casa dove una signora vende bibite e il figlioletto di pochi anni gira nudo dalla vita in giù (Suor Cherubina ci diceva che le mamme fanno così per risparmiare pannolini).
Sonnecchiamo per un paio d'ore e poi ci rituffiamo nella calura. La valle si fa sempre più bella: le pareti rocciose di un rosso intenso sono rigate da profonde crepe da cui spuntano acacie dalla chioma verde chiaro un pò spellacchiate, i pappagalli verdi si rincorrono nell'aria e le "cicale metalliche" coprono ogni rumore con il loro finire.
Attraversiamo diversi centri abitati dove non c'è possibilità di alloggio e arriviamo all'imbrunire al Mojotoro dove ci garantivano tutti esserci alloggio. Ma si sbagliavano. La professoressa che in genere ospita è via e l'unico alloggio disponibile rievoca la legge di Luciano: "se devo dormire nello sporco, dormo nel mio"... e decidiamo di dormire in tenda. Allora cerchiamo qualcosa da mangiare: c'è solo una bettola aperta. I due avventori ci dicono che bisogna avvisare la signora e per farlo bisogna attraversare un cortile buio interno. Alberto raggiunge la signora e concorda la cena (che sarà seguita dal bis), ma tornando indietro viene avvicinato e morso dal cane, un bel molosso marron che si è probabilmente innervosito per il passaggio nel cortile di uno sconosciuto.
In realtà è poco più di un graffio ma sanguina: merda! C'è il rischio di rabbia! La signora garantisce che il cane è vaccinato ma non ci si può fidare, specie perché la signora dice che "Diosito - qui anche Dio ha il suo diminutivo - mi guarirà". Con tutto il rispetto... andiamo bene!
Per fortuna siamo vaccinati ma è necessario un richiamo entro 24 ore e uno entro 72...
Abbiamo due dosi con noi, concesse in via straordinaria dal palazzo della santità perché Alberto è medico... ma che sfortuna! Con tutti gli assalti che abbiamo avuto... essere morsi al "ristorante"! È una ferita da poco ma la rabbia è mortale nel 100% dei casi... seguiamo il protocollo.
In compenso otteniamo dalla signora di poter montare la tenda sotto la sua tettoia e dormire li...
Come se non bastasse si parte con 50 km di sterrato sul totale di circa 110.
Imbocchiamo una valle molto pittoresca che scende attraversando alcuni micro centri abitati e panorami desertici dominati dai cactus fino ad una località, Puente Arce, dove passa il Rio Chico. Puente Arce è circa 700 metri sotto Aiquile: siamo a poco più di 1600 metri di altezza, non siamo mai scesi così in basso, e c'è un caldo atroce con una umidità altissima.
Pedaliamo 15 km nella valle del Rio Chico ma la temperatura supera i 40 gradi: decidiamo allora di fermarci sotto il pergolato ricoperto dalla vegetazione di una pianta maracuja di una casa dove una signora vende bibite e il figlioletto di pochi anni gira nudo dalla vita in giù (Suor Cherubina ci diceva che le mamme fanno così per risparmiare pannolini).
Sonnecchiamo per un paio d'ore e poi ci rituffiamo nella calura. La valle si fa sempre più bella: le pareti rocciose di un rosso intenso sono rigate da profonde crepe da cui spuntano acacie dalla chioma verde chiaro un pò spellacchiate, i pappagalli verdi si rincorrono nell'aria e le "cicale metalliche" coprono ogni rumore con il loro finire.
Attraversiamo diversi centri abitati dove non c'è possibilità di alloggio e arriviamo all'imbrunire al Mojotoro dove ci garantivano tutti esserci alloggio. Ma si sbagliavano. La professoressa che in genere ospita è via e l'unico alloggio disponibile rievoca la legge di Luciano: "se devo dormire nello sporco, dormo nel mio"... e decidiamo di dormire in tenda. Allora cerchiamo qualcosa da mangiare: c'è solo una bettola aperta. I due avventori ci dicono che bisogna avvisare la signora e per farlo bisogna attraversare un cortile buio interno. Alberto raggiunge la signora e concorda la cena (che sarà seguita dal bis), ma tornando indietro viene avvicinato e morso dal cane, un bel molosso marron che si è probabilmente innervosito per il passaggio nel cortile di uno sconosciuto.
In realtà è poco più di un graffio ma sanguina: merda! C'è il rischio di rabbia! La signora garantisce che il cane è vaccinato ma non ci si può fidare, specie perché la signora dice che "Diosito - qui anche Dio ha il suo diminutivo - mi guarirà". Con tutto il rispetto... andiamo bene!
Per fortuna siamo vaccinati ma è necessario un richiamo entro 24 ore e uno entro 72...
Abbiamo due dosi con noi, concesse in via straordinaria dal palazzo della santità perché Alberto è medico... ma che sfortuna! Con tutti gli assalti che abbiamo avuto... essere morsi al "ristorante"! È una ferita da poco ma la rabbia è mortale nel 100% dei casi... seguiamo il protocollo.
In compenso otteniamo dalla signora di poter montare la tenda sotto la sua tettoia e dormire li...
Cavolo davvero che sfortuna! Mi spiace..
RispondiEliminaEd e' il motivo per cui non amiamo racoons e opossum che regolarmente visitano il nostro giardino, perche' portano la rabbia ed ogni graffio/morso richiede il protocollo antirabbica!
Zio Billy !!!!! Vi fate il culo su e giù per le Ande e che vi succede di così sgradevole? Un fottutissimo cane al ristorante. Abbaiano e mordono, stupidi animali ........................
RispondiEliminaMarcusen