"Dai, cazzo! Hai compiuto 12 anni! È ora che cominci col Paco! Chiedi a tua mamma... Che lo conosce bene!"... "Vedrai com'è bello... non senti più la fame, non senti più il freddo...".
Così si entra nel tunnel.
A 12 anni, se tua madre è già una "drogadicta", una tossica. A 14 se invece sei una newentry.
Il Paco è una droga fatta di residui di lavorazione della marijuana e da altre sostanze... a volte anche le polveri delle luci fluorescenti.
È la droga di Villa Itati, una enclave di Buenos Aires dove vivono 55.000 diseredati. Metà paraguaiani metà argentini. Nella spazzatura, senza fogne e senza acqua potabile. In mezzo ai grattacieli.
È la droga dei poveri. Più economica dell'alcool e... devastante: dopo averla respirata sei incapace di qualsiasi cosa.
Ma il Paco è solo uno dei pericoli: c'è il traffico di esseri umani, lo sfruttamento della prostituzione minorile, la violenza intrafamiliare e la giustizia. E si... perché se ti mettono addosso un cellulare rubato al momento giusto... ti fai 4 anni in gattabuia con la crema della società argentina... sempre che qualcuno - dopo 4 anni - si ricordi di riaprire per farti uscire.
In questo altro girone infernale ci sono delle porte aperte giorno e notte. Sono le porte dei salesiani. Ti raccolgono e ti fanno una proposta: uscire dal tunnel del Paco, imparare un lavoro, guadagnarti da vivere, stare bene.
Coco, Angel e tanti altri. Salesiani con i jeans. Attaccati al culto ma molto più attaccati alla vita di chi è in difficoltà. Che chiudono un occhio sulle divinità venerate a Villa Itati, ma che non tirano mai indietro la mano.
I loro ragazzi e le loro ragazze ne sono usciti, lavorano e studiano, qualcuno va anche all'università e qualcuno ha compiti di responsabilità nella cooperativa.
Il lavoro come motore per tirare fuori dal tunnel: a fine giornata l'utile viene sempre diviso tra i soci in parti uguali, dirigenti e manovali.
Allora poco importa se lavori nel recupero del cartone, della plastica, del ferro o impari a fare il giardiniere, il panettiere, l'elettricità.
In tutto questo c'è anche Verona. C'è Ponti - l'arte che da bellezza si fa aiuto. Ponti ha reso possibile tramite l'acquisto di diversi macchinari il potenziamento di diverse attività: sapevate ad esempio che ci sono 160 tipi di plastica? Vanno separate, triturate, lavate, asciugate, stoccate. Per questo servono le macchine. Per questo si adopera Ponti: aiutare gli ultimi di Buenos Aires a trovare il bello della vita, facendo assaporare il bello dell'arte a chi vive a Verona.
Chiediamo a tutti i lettori che ancora non hanno partecipato alla raccolta fondi, di partecipare anche con poco a favore dei progetti di Ponti.
Chiudiamo in bellezza, dai.
A zonzo in bici sulle Ande, da Lima a Buenos Aires (attraverso Perù, Bolivia, Cile,Argentina).
lunedì 1 dicembre 2014
Il Paco. Il tuo miglior nemico
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Questo appassionato resoconto di Villa Itatí mi appare come foto dai forti contrasti di ció che é la vita su questa nostra Terra, un processo dinamico, drammatico fra la spinta all'armonia, alla bontá, alla bellezza, alla giustizia, alla veritá, una spinta verso la luce, verso l'alto e nel contempo forze opposte che trascinano la vita verso l'abisso piú tremendo. Grazie per questa preziosa testimonianza e per il magnifico e a tratti doloroso cammino che vi ha portato a Villa Itatí. Un forte abbraccio Cristina
RispondiEliminaAllora siete pronti a tornare al mondo civile? Credo però xhe partiate a mali cuore da quei tramonti e luoghi e da quelle persone che con poco sorridono! ! Grazie mille per averci fatto partecipi tutti noi della vostra disumano viaggio! Aviamo sognato e sofferto con vuoi!buon rietro a casa!!!
RispondiEliminaAlberto, grazie per la descrizione della situazione di Villa Itatì. Cruda e senza spazio a inutile retorica. Sono uno dei volontari di PONTI ONLUS che cerca di raggranellare gli euro da mandare ai Salesiani per il sostegno dei corsi di formazione e leggere le tue parole mi fornisce carburante per insistere con le nostre iniziative.
RispondiEliminaAlex