"Abbruttimento" (letto con la 'e' aperta alla piemontese) è un concetto postulato da Gianni Sirotto (Verona-Pechino in bici nel 2008). Si tratta della situazione che si verifica allorquando il cicloviaggiatore per ragioni contingenti è costretto ad andare oltre il programma, oltre le sue più nere aspettative e oltre le sue possibilità.
Oggi partenza al fresco (4 gradi al risveglio) dopo che ha piovuto tutta la notte (nel deserto). Percorriamo i 30 km che non eravamo riusciti a percorrere ieri a causa della pioggia in una piana limitata a destra da pareti rocciose arrotondate e tormentate. Arriviamo a Villa Mar dove incontriamo una coppia colombiana che è in giro da 7 mesi, facciamo merenda e ripartiamo alla volta di Soniquera dove la giornata per ragioni di distanze tra paesi si deve concludere dopo un totale di 45 km di sterrato. Quando arriviamo i bambini che escono da scuola ci accolgono festosamente, correndo al nostro fianco verso il paese e approfittandone per farci tantissime domande, nonostante il fiatone. Ci facciamo indicare da loro i "punti chiave" di Soniquera (che è il solito paese di fango e sabbia) e in breve scopriamo che non ci sono posti dove mangiare (troviamo solo un alimentari che ha un pacchetto di crackers e una lattina di tonno in mezzo ad armadilli imbalsamati) e che l'alloggio che ci aspettavamo non è disponibile: la proprietaria infatti ci dice che è tutto esaurito! Beh, il paese è deserto... dicono sempre così quando non hanno voglia di lavorare... il fatto è che per noi questo significa altri 45 km di sterrato se vogliamo avere una speranza di fare una doccia e mangiare...
Gambe in spalla e tonno in pancia, si parte. Si offre di accompagnarci per un pò un signore di una certa età che pare voglia quasi misurarsi con noi con la scusa di andare a controllare il suo campo di quinoa. Il pomeriggio di abbruttimento inizia qui. Infatti appena usciti dal paese veniamo investiti da un violento temporale con crollo della temperatura. E a noi che siamo impermeabilizzati va anche bene: il povero ciclista boliviano si inzuppa (ma con disinvoltura) e arrivato a destinazione si ferma. Noi proseguiamo in una piana immensa tagliata da diversi avvallamenti che ci costringono a scendere e risalire per molti metri diverse volte. Torna il sole ed inizia la salita. Lo sterrato è brutto ma siamo determinati ad arrivare a Quetena Chico. Ci siamo appena tolti l'impermeabilizzazione quando un nuovo e più forte temporale ci sorprende: la temperatura che era risalita, ricrolla a 2 gradi, comincia a grandinare violentemente (dimensione pallini di polistirolo) e in pochi minuti la strada è bianca. Non ci facciamo intimorire: ci rivestiamo, incuranti della tempesta mangiamo un altro pò di crackers e continuiamo pedalando sulla grandine che - passato il temporale - si scioglie trasformando la sabbia in fango. Saliamo ancora e incontriamo una famiglia boliviana in fuoristrada che ci dice che mancano 20 km: come ci aspettavamo dalla cartina (ma sia noi che i boliviani ci sbagliavamo). Passiamo a quasi 4400 metri e scendiamo fino a vedere una casetta: ma non è il paese, è la "guarderia" del Parco delle Lagune e per passare dobbiamo pagare 300 boliviani... ok, chiediamo al Guardaparco a quanti km sta il paese: 13! Molti di più del previsto (ma il Guardaparco - che ogni giorno va avanti e indietro dal paese - si sbagliava perché alla fine ce ne saranno 17, benedetti boliviani!). Abbiamo solo un'ora di luce: anche oggi si arriva col buio. Ci sforziamo di goderci la luce del tramonto che colora le prime valli del Parco ma una nuova durissima salita a 4300 mette a dura prova il nostro senso estetico: Dimitri eleva "sentite proteste" alle divinità andine (del resto siamo all'ora dei vespri) e nemmeno la prima visione di sua maestà il Cerro Uturuncu (il 6000 sulla cui vetta proveremo a salire in bici), placa la sua ira! Cominciamo a scendere quando il sole è sotto l'orizzonte. Quando arriviamo in fondo valle, del paese ancora nessuna traccia; in compenso però c'è un guado largo una quindicina di metri e con una profondità che potrebbe arrivare ai 50-60 cm: le piogge del pomeriggio hanno gonfiato il torrente e questo significa passare con la bici quasi totalmente immersa mentre la temperatura ambientale, non essendoci più il sole, è di nuovo a 3 gradi... non ci sono ponti e non abbiamo alternative... per fortuna con l'ultimo raggio di luce vediamo che un pò più a valle l'acqua si increspa sulle rocce del fondo: è meglio passare lì. Al grido veneto di "Va in mona, abbruttimento per abbruttimento facciamo anche questa!" Dimitri si lancia spingendo la bici per il manubrio: per fortuna nel punto prescelto l'acqua è meno profonda e ci immergiamo fino al ginocchio. Riprendiamo a pedalare con le gambe fradice e congelate. Ormai è completamente buio. Quando i 13 km del Guardaparco sono percorsi... di Quentena Chico nessuna traccia. Ma proprio mentre cominciamo a demoralizzarci, ecco delle luci in lontananza! Non capiamo la distanza ma il paese c'è! Poco dopo in compenso arriviamo ad un altro guado. Questa volta siamo completamente al buio, non abbiamo minimamente idea né della larghezza, ne della profondità: le luci del paese ci danno fiducia, cerchiamo coi fari un'increspatura dell'acqua e ci buttiamo. Le gambe ormai sono anestetizzate ma per fortuna i muscoli funzionano ancora! Non vediamo nemmeno fino a dove ci immergiamo ma senza scendere dalla bici arriviamo dall'altra parte...
Ultimi chilometri... il paese in realtà è quasi completamente al buio: vediamo una casa illuminata con alcuni fuoristrada parcheggiati: è un alloggio, sono le 20 e - per fortuna - c'è un posto anche per noi! Nel paese ormai qualsiasi posto dove si possa mangiare è chiuso, ma il proprietario ci assicura una zuppa di verdura, un pezzettino di carne e un piatto di riso scondito... la dieta continua... arriva anche la solita pentola di acqua calda con cui possiamo farci la doccia... super lusso!
Oggi partenza al fresco (4 gradi al risveglio) dopo che ha piovuto tutta la notte (nel deserto). Percorriamo i 30 km che non eravamo riusciti a percorrere ieri a causa della pioggia in una piana limitata a destra da pareti rocciose arrotondate e tormentate. Arriviamo a Villa Mar dove incontriamo una coppia colombiana che è in giro da 7 mesi, facciamo merenda e ripartiamo alla volta di Soniquera dove la giornata per ragioni di distanze tra paesi si deve concludere dopo un totale di 45 km di sterrato. Quando arriviamo i bambini che escono da scuola ci accolgono festosamente, correndo al nostro fianco verso il paese e approfittandone per farci tantissime domande, nonostante il fiatone. Ci facciamo indicare da loro i "punti chiave" di Soniquera (che è il solito paese di fango e sabbia) e in breve scopriamo che non ci sono posti dove mangiare (troviamo solo un alimentari che ha un pacchetto di crackers e una lattina di tonno in mezzo ad armadilli imbalsamati) e che l'alloggio che ci aspettavamo non è disponibile: la proprietaria infatti ci dice che è tutto esaurito! Beh, il paese è deserto... dicono sempre così quando non hanno voglia di lavorare... il fatto è che per noi questo significa altri 45 km di sterrato se vogliamo avere una speranza di fare una doccia e mangiare...
Gambe in spalla e tonno in pancia, si parte. Si offre di accompagnarci per un pò un signore di una certa età che pare voglia quasi misurarsi con noi con la scusa di andare a controllare il suo campo di quinoa. Il pomeriggio di abbruttimento inizia qui. Infatti appena usciti dal paese veniamo investiti da un violento temporale con crollo della temperatura. E a noi che siamo impermeabilizzati va anche bene: il povero ciclista boliviano si inzuppa (ma con disinvoltura) e arrivato a destinazione si ferma. Noi proseguiamo in una piana immensa tagliata da diversi avvallamenti che ci costringono a scendere e risalire per molti metri diverse volte. Torna il sole ed inizia la salita. Lo sterrato è brutto ma siamo determinati ad arrivare a Quetena Chico. Ci siamo appena tolti l'impermeabilizzazione quando un nuovo e più forte temporale ci sorprende: la temperatura che era risalita, ricrolla a 2 gradi, comincia a grandinare violentemente (dimensione pallini di polistirolo) e in pochi minuti la strada è bianca. Non ci facciamo intimorire: ci rivestiamo, incuranti della tempesta mangiamo un altro pò di crackers e continuiamo pedalando sulla grandine che - passato il temporale - si scioglie trasformando la sabbia in fango. Saliamo ancora e incontriamo una famiglia boliviana in fuoristrada che ci dice che mancano 20 km: come ci aspettavamo dalla cartina (ma sia noi che i boliviani ci sbagliavamo). Passiamo a quasi 4400 metri e scendiamo fino a vedere una casetta: ma non è il paese, è la "guarderia" del Parco delle Lagune e per passare dobbiamo pagare 300 boliviani... ok, chiediamo al Guardaparco a quanti km sta il paese: 13! Molti di più del previsto (ma il Guardaparco - che ogni giorno va avanti e indietro dal paese - si sbagliava perché alla fine ce ne saranno 17, benedetti boliviani!). Abbiamo solo un'ora di luce: anche oggi si arriva col buio. Ci sforziamo di goderci la luce del tramonto che colora le prime valli del Parco ma una nuova durissima salita a 4300 mette a dura prova il nostro senso estetico: Dimitri eleva "sentite proteste" alle divinità andine (del resto siamo all'ora dei vespri) e nemmeno la prima visione di sua maestà il Cerro Uturuncu (il 6000 sulla cui vetta proveremo a salire in bici), placa la sua ira! Cominciamo a scendere quando il sole è sotto l'orizzonte. Quando arriviamo in fondo valle, del paese ancora nessuna traccia; in compenso però c'è un guado largo una quindicina di metri e con una profondità che potrebbe arrivare ai 50-60 cm: le piogge del pomeriggio hanno gonfiato il torrente e questo significa passare con la bici quasi totalmente immersa mentre la temperatura ambientale, non essendoci più il sole, è di nuovo a 3 gradi... non ci sono ponti e non abbiamo alternative... per fortuna con l'ultimo raggio di luce vediamo che un pò più a valle l'acqua si increspa sulle rocce del fondo: è meglio passare lì. Al grido veneto di "Va in mona, abbruttimento per abbruttimento facciamo anche questa!" Dimitri si lancia spingendo la bici per il manubrio: per fortuna nel punto prescelto l'acqua è meno profonda e ci immergiamo fino al ginocchio. Riprendiamo a pedalare con le gambe fradice e congelate. Ormai è completamente buio. Quando i 13 km del Guardaparco sono percorsi... di Quentena Chico nessuna traccia. Ma proprio mentre cominciamo a demoralizzarci, ecco delle luci in lontananza! Non capiamo la distanza ma il paese c'è! Poco dopo in compenso arriviamo ad un altro guado. Questa volta siamo completamente al buio, non abbiamo minimamente idea né della larghezza, ne della profondità: le luci del paese ci danno fiducia, cerchiamo coi fari un'increspatura dell'acqua e ci buttiamo. Le gambe ormai sono anestetizzate ma per fortuna i muscoli funzionano ancora! Non vediamo nemmeno fino a dove ci immergiamo ma senza scendere dalla bici arriviamo dall'altra parte...
Ultimi chilometri... il paese in realtà è quasi completamente al buio: vediamo una casa illuminata con alcuni fuoristrada parcheggiati: è un alloggio, sono le 20 e - per fortuna - c'è un posto anche per noi! Nel paese ormai qualsiasi posto dove si possa mangiare è chiuso, ma il proprietario ci assicura una zuppa di verdura, un pezzettino di carne e un piatto di riso scondito... la dieta continua... arriva anche la solita pentola di acqua calda con cui possiamo farci la doccia... super lusso!
Davvero grandissimi!
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