mercoledì 12 novembre 2014

Incubo Salar


Ritardiamo la partenza perché Alberto potrebbe avere i primi sintomi di gastroenterite. E nel Gran Salar non ci sono posti dove appoggiare la bici ma soprattutto non ci sono cespugli. E soprattutto è meglio non partire se siamo in condizioni mano che perfette, visto cosa ci aspetta nei prossimi giorni.
Alla fine Alberto regge bene la colazione e con medicine alla mano, si decide di partire.
I 23 chilometri che separano Uyuni da Colchani (la porta del Salar) non sono particolarmente significativi e l'ingresso al Salar è un labirinto: ci sono piste che partono in tutte la direzioni e il suolo è una gran melma. Chiediamo agli autisti degli innumerevoli fuori strada e alla fine capiamo come fare. In un sobbalzo la bussola di Dimitri (che è assolutamente fondamentale per orientarsi nella distesa bianca) si sgancia e la perdiamo. Per fortuna Dimitri se ne accorge subito, delimitiamo la zona delle ricerche e in breve la troviamo.
Entriamo nel Salar: i primi 12 km sono un piacere. Pedaliamo sul sale duro come l'asfalto perché battuto dalla carovana di fuoristrada in mezzo ad un infinito piano bianco in una luce accecante. Le distanze sono sfalsate: una macchina che proviene in senso contrario si vede da 30 km come un punto e non sai se è un monte, un uomo,  una macchina o un cartello.
Gli esagoni del sale si perdono all'orizzonte a destra e a sinistra. Arriviamo all'Hotel de Sal, importante punto di riferimento dove si fermano le carovane di fuoristrada e dove mangiamo i nostri panini.
Dopo un pò di pausa ripartiamo per la Isla Inkawasi. E qui la giornata si trasforma in incubo. Scopriamo che i chilometri sono più del previsto ma la cosa peggiore è il vento. Sale un vento freddo, contrario e fortissimo. Degno della peggiore Patagonia. Pedaliamo a velocità intorno agli 8 km/h al massimo sforzo sul piano salato. Ci diamo il cambio a tirare ogni 5 km ma è durissima. 30 km prima dell'arrivo vediamo la Isla che però non si avvicina mai. Passano le ore. Non possiamo piantare la tenda nel mezzo del salar perché i fuoristrada passano anche di notte e anche fuori dalle piste, non abbiamo sistemi di segnalazione della nostra presenza e non ci vedrebbero in tempo. Non abbiamo scelta: dobbiamo raggiungere la Isla. La raggiungiamo dopo uno sforzo immenso alle 20, dopo un'ora e mezza di pedalata al buio, guidati nel nulla dalle stelle con il vento che soffia rabbioso, urlando per condividere il da farsi. 
Piantiamo la tenda dove possiamo al buio e a temperature polari cercando di tenerne fermi i teli come possiamo. Fortuna che la Hilleberg di Dimitri non teme strappi e dentro è caldissima.
Ci facciamo un litro e mezzo di the caldo e una banana e andiamo a dormire esausti nel caldo dei super sacchi a pelo.

5 commenti:

  1. Siete eccezionali ragazzi, tenete duro che state andando alla grande!
    Ma non è che i paletti della Hilleberg si arrugginiranno con tutto quel sale? Alez

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  2. Con i sintomi di gastroenterite che vol dire anca cagotto,
    no lè che te vol depistare i fans per la prossima domanda del concorso quiz....
    e attenti che con tanto sal se alza la pression.........
    comunque, mi raccomando, mangiate roba ben cotta e bollita.........
    buon viaggio Claudio

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  3. complimenti x la cena. giusto quello che serve dopo un giorno di pedalate.non è che mangiate troppo?

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  4. Stupendo racconto degno del miglior Hemingway! Grazie!:-))

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  5. aspettiamo con ansia che il libro dei vostri viaggi venga dato alle stampe affinche' rimanga e venga letto anche in futuro grazie ...................ciao

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